Dalla “moda modulare” alla consulenza ESG
Intervista a Gabriella Grazianetti, vicepresidente di Obiettivo50 Dal tessile alla consulenza ESG, passando per una filiera sperimentale legata al territorio: il percorso di Gabriella Grazianetti unisce creatività e pragmatismo, visione individuale e scambio collettivo. In questa intervista ci racconta come è nata la sua idea di “moda modulare”, quanto ha contato il confronto con i soci di Obiettivo50 e in che modo oggi la sua esperienza si sia trasformata in una testimonianza utile anche per altri professionisti. Gabriella, il tuo percorso nasce nel tessile-moda. Da dove è partita l’idea? È nato tutto come un esperimento di moda modulare: capi trasformabili, capaci di creare più combinazioni con meno risorse. Una sfida creativa che mi ha spinta a passare subito dalla teoria alla pratica. Ho realizzato prototipi e collezioni, costruendo una filiera sperimentale fatta di fornitori e laboratori scelti con cura, realtà del territorio che hanno reso concreto un pro-getto nato come laboratorio creativo. Quanto ha contato Obiettivo50 nella fase iniziale? Moltissimo. Alcuni soci, esperti di marketing e comunicazione, mi hanno aiutata nel posizionamento del brand United Separable; altri, con competenze in internazionalizzazione del tessile-moda, mi hanno reso agevole accostarmi a mercati complessi e a dinamiche nuove. In questo modo, un’idea che nasceva come sfida personale ha assunto una prospettiva manageriale più strutturata. Oltre al supporto operativo, cos’hai trovato in Obiettivo50? Ho trovato soprattutto un luogo di confronto. Non solo “aiuti” mirati, ma una vera palestra di dialogo e arricchimento reciproco. Ogni fase del mio progetto diventava occasione per condividere aggiornamenti, riflessioni sugli standard EFRAG relativi ai report di sostenibilità, esperienze di filiera e contatti esterni. Non era un semplice passaggio di informazioni da loro a me o rispettivamente da me a loro, ma uno scambio continuo. E questo è ciò che rende speciale Obiettivo50: la possibilità di crescere insieme, in un processo di cross-fertilization di percorsi e competenze. A un certo punto, però, hai scelto di cambiare rotta. Perché? Il contesto globale parlava chiaro: produciamo troppo e scartiamo ancora di più. Con mercati in contrazione, tensioni geopolitiche e il cambiamento climatico, ho sentito il bisogno di trasformare il mio progetto in qualcosa di diverso. Non una chiusura, ma un nuovo inizio: una exit strategy che rappresentasse un case study concreto, utile per portare avanti attività di consulenza e diffusione sui temi ESG, sulla circolarità e sui modelli di consumo sostenibile. Oggi in che direzione ti muovi? Come ho detto, il laboratorio…



